Marco Geronimi Stoll

pubblicitario disertore

ferri del mestiere

La marca è una scatola vuota.

Gli italiani si ricordano della marca solo quado ci sono gli sconti.
Dagli ultimi dati  GFK-Eurisko risulta che tra i criteri di scelta che portano all’acquisto, dopo l’efficacia e il prezzo, al terzo posto c’è la sostenibilità.
Invece solo per il 7% degli intervistati la marca resta un criterio importantissimo e per il 70%  ha importanza scarsa o nulla.

Il concetto di sostenibilità espresso dagli intervistati è inteso in modo abbastanza corretto: assenza di sostanze nocive, sicurezza dei lavoratori, confezione ecologica, presenza di bollini di eco-sostenibilità…  : questo criterio per scegliere l’acquisto è ormai importante “moltissimo”per il 30% e “molto” per il 63%.

Ecologia batte logo quatto a uno; forse.
L’importanza della sostenibilità, nella scelta d’acquisto di massa,  vale il quadruplo del prestigio della marca: cinque o sei anni fa l’avreste previsto?
Noi lo dicevamo e ci trattavano da pazzi; invece era già nell’ordine naturale delle cose. La marca è un valore che si inculca attraverso la televisione, non può che perdere egemonia col cambiare della nostra dieta mediatica; la sostenibilità, invece, passa da internet, passa dai segmenti testimoniali che generano i nuovi stili e fondano il passaparola.
Il processo stava già succedendo in paesi più informati del nostro, bastava mettere il naso oltre le alpi per accorgersene.

Oggi (dati audiweb maggio 2009) ci sono 29.871 milioni gli utenti che hanno accesso a internet, 20.864 milioni gli utenti attivi nel mese, 9.757 milioni gli utenti attivi nel giorno medio, per 1 ora e 34 minuti di tempo speso e 169 pagine viste per persona nel giorno medio. E’ più facile che una marca venga messa alla berlina che osannata dai suoi fans.

Aspettiamo a cantare vittoria: le multinazionali lo sanno, già sono arrivate le prime onde di prodotti pseudoverdi, di green washing e di simil-biologico da supermarket.
Ricordatevi che per la macroeconomia, che campa  schiacciando la microeconomia, basta cambiarle la rivoluzione in un mood. L’ambiente è un concetto bello e romantico, olista; ci vuole un niente a stamparlo su  una saponetta fatta col petrolio.

Non siamo noi gli assassini della marca; purtroppo.
E’ dunque vero che con le nostre scelte orientiamo il mercato; però non del tutto. Nella vittoria tra l’identità artificiale della marca e identità naturale della compatibilità, siamo stati aiutati.
Ci sono altri motivi del crollo del prestigio della marca: le imprese sono state miopi, pensavano solo alle trimestrali, alla borsa con scelte a tempi brevi; le scelte sono state spesso superficiali, meteopatiche, fondate sull’intuito autoreferenziale del manager narcisista, “un’economia governata dai cocainomani” (per dirla con Jero Wilder) che  tra l’uovo oggi e la gallina domani, ha scelto decisamente l’uovo oggi; e adesso siamo all’indomani.

Così paghiamo la finanziarizzazione, la mancanza di ricerca e sviluppo. Paghiamo marchi famosi scambiati tra le corporation italiane come facevano i ragazzini colle figurine dei calciatori.
Paghiamo lo sterminio di progettisti e designer, voci fastidiose che non si voleva ascoltare.
Paghiamo una cura del prodotto che spesso ci faceva chiedere dove fosse la differenza  con la pacottaglia cinese, se non nel prezzo e nel layout del negozio.
Paghiamo la provincializzazione disarmante del design di quel famoso “made in Italy” che avrebbe dovuto rappresentarci, e invece è diventato antagonista e preclusivo ai nostri migliori talenti giovani.
No, rassegnatevi: la marca non è stata uccisa né da noi, né da internet, né dall’ecologia.
La marca si è suicidata da sola, prima che ci riuscissimo.

1 Comment

  1. Filippo

    Condivido il suo articolo, tuttavia aggiungerei tra le cause anche la recente crisi che diminuisce il valore di ciò che è effimero e da esibire, mentre aumenta il valore funzionale dei beni, come lei stesso ha verificato nei questionari a “fà la cosa giusta” di Milano. Questo spiega perché in genere gli “acquisti verdi” non risentono della crisi, o comunque la sentono meno.

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