Spesso è nei posti piccoli che succedono le cose. Ad Artegna, piccola e vivace cittadina friulana, all’inizio di settembre ho avuto l’onore di partecipare ad un’interessante tavola di discussione ideata e prodotta dal Teatro al Quadrato. Nell’attesa della pubblicazione degi atti, condivido coi voi il mio contributo.

Nella discussione, successivamente, ho detto la mia su anni ’80, scuola-azienda e repertori didattico-educativi. Siccome questo ulteriore intervento riguarda la scuola, preferisco metterlo in un altro articolo di questo blog che apparirà fra poco.

Con me: Adriano Gallina, Silvia Colle e Lucia Vinzi dell’Ert, l’assessora Giuseppina Cozzutti

Artegna 3 sett. 2011
Sunto intervento Geronimi

Mi vedete, grazie a questo braccio ingessato ho scoperto una rivelazione illuminante: che una sola mano mi basta a fare moltissime cose, ma una no: grattare sé stessa.
Così è il teatro rispetto agli altri media: agisce sul senso delle arti sorelle (cinema, televisione, preformances, videoarte, radiodramma, musica dal vivo…) e anche sulle altre comunicazioni: la letteratura, le arti visive, l’architettura, per non parlare della religione, del potere, della guerra…

Ma è una mano che non può grattare sé stessa, e ce ne accorgiamo quando una compagnìa non grande (come molte del teatro ragazzi) deve scrivere un testo, impaginare una locandina, scegliere una foto di scena, gestire un blog. Si vede spesso che c’è un problema di competenze comunicative extrateatrali del teatrante. Anche amici di gran cultura, gusto e talento, su questo inciampano.

Siamo qui invitati a parlare di “vetrine”: se servono o non servono o servono solo a certe condizioni.
Vetrina è un’esposizione di merce che tutti possono guardare; se vuoi comprare, entri e paghi.
È lo stesso tema che riguarda internet, non solo nella definizione “vetrina”.
Da vari anni si dice “basta coi siti vetrina”, che non funzionano più (è vero: quasi sempre sono inflazionati, stereotipati, autoreferenziali e non confutabili).
Si dice che dobbiamo passare “dalla vetrina al salotto”,  cioè al famoso web 2.0, dove non ci si limita ad emettere flussi di output (quello è un mestiere per il quale basta la vecchia televisione) ma si tende soprattutto a scambiare conversazioni: a equilibrare gli output emessi con gli input ricevuti e soprattutto a scambiarli, a usali insieme per elaborare nuovi concetti, nuove griglie mentali, insomma per pensare insieme.

Il Cluetrain Manifesto, che poneva questo tema nella grande azienda privata, risale al 1999.
Diceva che le aziende che non scambiano conversazioni son destinate ad una crisi. All’inizio fu derisa dai grandi manager americani come una moda idealista, ma guardate come sono andate poi le cose: quante imprese si sono estinte e quali sopravvivono benone, perché imparano dai clienti.
Le grandi aziende, come tutte le grandi organizzazioni umane, (anche gli enti italiani, anche certe grandi compagnie…) sono organismi ipertrofici, animali che hanno muscoli enormi, un cervello potente, ma anche una lentezza enorme: ci vuole molto tempo prima che il segnale percepito dai sensi venga filtrato, arrivi al cervello, produca una reazione e che l’ordine arrivi ai muscoli. È come far frenare una grande nave davanti ad un ostacolo improvviso, non è come in bicicletta. Il gigantismo funziona in un mondo che cambia lentamente, ad esempio la siderurgia di fine ottocento; non nel nostro mondo accelerato..
Le piccole compagnie teatrali sono sopravvissute nella crisi generale rimpicciolendosi ancora di più: “se non riusciamo più a campare in dieci, vediamo se almeno possiamo campare in tre”.
Direi che oggi è il momento di usare questa caratteristica come elemento di leggerezza, quindi di dinamicità, rapidità di riflessi e freschezza di fantasia.

Il momento è propizio: altro che morte del teatro.
Ora che tutto può essere scaricato on-line, libri, suoni, film… solo di una cosa non puoi fare il download: se io, qui fuori in piazza, legassi una capretta a un albero e osservassi la gente che si ferma (immaginate i bambini che la toccano, la odorano, scambiano lo sguardo…) quel corpo vivente, vibrante… ecco: di quello non puoi fare il download.
Ci sono scrittori anche famosi che vendono più libri nei reading che in libreria.
Per i giovani musicisti è una regola: regalano i pezzi su internet così li chiamano a fare le serate live.
I conferenzieri che vogliono mantenere del pubblico, non si contentano certo di proiettare powerpoint e parlare difficile: alcuni hanno più pubblico di uno spettacolo, ma quanto sono teatrali: luci, gesti, battute, pause…!
Possiamo dire che sono tutti teatranti?
Parliamone. Certo è che l’attore dal vivo è sempre più speciale, ineguagliabile: è analogico, imprevedibile e  monocopia.
E, cosa formidabile, lui può vedere te: quindi tu esisti.
È fatto dello stesso hardware di cui son fatti i sogni.
Bene: la capretta sarebbe teatro? Per me sì, anche se non saprei cosa scrivere nel borderò.

Due differenze
Per questo direi che le vetrine per farsi vedere possono essere utili solo introducendo due differenze dalle vetrine quelle classiche (esempio: il festival di Muggia negli anni ’80)

1.
che si rinforzi quell’aspetto del “pensare insieme” che con gli anni si è perso, quindi incontrarsi per fare più salotto e meno vetrina; significa trovarsi per progettare insieme, correggersi reciprocamente, fertilizzarsi l’un l’altro. Non si può fare questo senza uscire dalla logica novecentesca dell’orticello: la proprietà gelosa (e a volte ridicola) delle proprie idee, la balcanizzazione delle amicizie d’influenza (assessori, critici, programmatori…), lo scambio sfacciato di repliche nei reciproci cartelloni…
Nel superamento faticoso di questa feudalizzazione ci soccorrono due fattori:
– uno è che gli antichi feudatari ormai contano pochissimo, la loro torta da dividere è ormai una briciola.
– L’altro è che la condivisione, lo sharing, oggi è più facile, conveniente, professionalizzante; questo tutti i sessantenni che hanno sfiorato un qualche potere, faticano enormemente a concepirlo: non riescono a capirlo perché anche i più sessantottini di loro sono potuti sopravvivere, in un sistema clientelare e competitivo, solo facendo il contrario. Invece  i trentenni lo sanno già benissimo e lo praticano continuamente.
2.
Che si veda la promozione delle compagnie nella nuova dimensione crossmediale.
Quando due media si potenziano reciprocamente si crea quella matematica in cui 1+1=11; ad es. se il vostro video di un minuto su youtube funziona (bastano poche decine di migliaia di scaricamenti) allora la gente accorrerà al vostro spettacolo. Avrete trovato una seconda mano per grattare la prima.
Grazie dell’attenzione.

Mio intervento nel dibattito sugli anni ’80