Lo spot per far passare i poliziotti come pecorelle, recitato volentieri da una controparte. Come funziona?

In quella nevrosi del potere che è diventata la questione TAV, spendo una parola su un aspetto: come davanti le telecamere siamo diversi.

Si è fatto un grande parlare del contadino che “insulta” e “provoca” il poliziotto. Se ne è parlato in tv, sui giornali e sui social media: ottima crossmedialità,
Non era un attore, eppure aveva un copione efficacissimo, “recitato” in modo formidabile, ottima la dizione, perfetto il ritmo, perfette le pause nel momento giusto, parole che sembravano studiate e scritte, … uno spot perfetto per far passare i poliziotti come pecorelle, recitato volentieri da un membro del popolo più manganellato d’Italia. È pazzesco, eppure è successo e continuerà a succedere. Perchè?

Non dico affatto che simulasse o che fosse pagato, non ci crederei neanche un po’. Era sincero, e quando uno recita sé stesso spontaneamente è un attore perfetto. Stava dalla parte giusta e quindi avrebbe avuto cose più giuste da dire, ma se le avesse dette non sarebbe certo finito su tutti i TG.
La questione è che ciascuno di noi ha dentro l’attore in attesa di recitare dei copioni; la telecamera ce lo tira fuori; oppure ci fa vergognare e impappinare, il risultato sembra il contrario ma il meccanismo è lo stesso. Un mix di coraggio e paura, in cui le parole escono di bocca apparentemente senza passare dal cervello:  tu stesso ti ascolti mentre le dici. Nei nostri  fatidici 15 minutes of fame diventiamo personaggi paralleli in un mondo parallelo . Così vediamo un contadino che si difende dalle ruspe e quindi è no tav, che diventa volentieri  testimonial del brand no tav. Testimonial autolesionista: ma guarda un po’ che caso.

Fa bene chi dice “ma chiamateci pure black block, anarcoinsurrezionalisti o quel che vi pare, chi se ne frega”, cioè: le etichette non ci interessano. Bravi: è proprio il labeling che fa pervertire la cronaca in marketing. È marketing la classificazione in categorie, partendo da quella in “buoni” e “cattivi”. Non è politica, non è giornalismo, è solo propaganda.  Se ci caschi poi devi perdere tutto il tempo a dimostrare che non sei così, e prolunghi la notiziabilità del tuo labeling (fai che si continui a parlare delle tue etichette).

Per il resto va da sé che non ritengo uguali un militare (anonimo, armato, invasore e obbediente ai parassiti di stato) e un contadino prevaricato che come arma ha solo la propria linguaccia.
Dobbiamo però anche ricordare che questo fiaccamento dell’amor proprio non è roba da progressisti, di solito viene usato dal più forte contro il più debole, perchè resti tale: è una tecnica nota ad ogni questura, e a volte la trovi in ufficio, fabbrica, scuola, ospedale.
È una tecnica di potere molto militare, quindi fa notizia quando viene capovolta, come quando la sfodera una donna all’uomo, un bambino all’adulto, un subalterno a un capo. Ma attenzione che così stiamo giocando con l’arma del più forte, magari vinciamo il primo round ma di solito alla fine vince lui.

È l’antica storia del Re di Carnevale, che per tre giorni fa il despota e poi viene massacrato a legnate; pare che nella preistoria fosse addirittura un rito cannibale.

Questo tipo di guerra psicologica che provoca ed eccita mortificando, suscitando distruttività, la detesto: il mio mestiere è calmare gli animi e portare la razionalità ed empatia. Il contrario delle parole viste in TV.
Odio anche quando il bambino poco visto e poco amato, arrivato all’adolescenza, restituisce con gli interessi il prezzo ai mediocri genitori, provocandoli in modi intollerabili. Lo odio ma spesso, in termini di biografia, ha ragione lui.
Odio vedere in molte coppie un simile copione di nevrosi: uno dei due che provoca l’altro per suscitare una reazione distruttiva e fare la vittima, l’altro che ci casca eccetera. Lo odio: ma perchè non si lasciano? perchè nella nevrosi tutte le parti in causa sono complici.
Anche nei grandi giochi sociali succede, solo che non tutto è spontaneo; ad esempio il gioco che ha tirato dentro il nome amato e rispettato di Caselli e poi lo ha strumentalizzato partendo da due scritte imbecilli, mi puzza di trappolone lontano un chilometro.

La TAV, opera inutile, è pura nevrosi. Parte come grande opera parassitaria in quest’Italia intollerabile dove la zecca è diventata più grande del cavallo.
La si impone come quelle maestre che tutto il tempo gridano ai bambini “silenzio!!”. Ovviamente i bambini urlano di più, e quindi via con le note, le sospensioni eccetera, in un’escalation per far vedere chi è che comanda e “riportare l’ordine” dove l’ordine che viene insegnato è entropico, quindi genera caos. Quando la maestra è una brava maestra non suscita meccanismi nevrotici, la classe è il nostro luogo, la disciplina è il nostro campo di esplorazione, ogni parere è prezioso, ogni sforzo è meritevole.
Ma tra tante maestre brave, ce ne sono alcune più infantili dei bambini; e anche capi della polizia, ministri dell’interno, presidenti di partito… La TAV va fatta per far vedere chi comanda. Una guapperia travestita da Stato. Tanto è chiaro a tutti che la cominceranno e poi la lasceranno a metà.
C’è un sindacalista famoso, ben più abituato alle telecamere, che ha detto che la TAV va fatta “perchè se no l’Europa ci ride dietro“.  Se non è questo un argomento nevrotico…