Anche quest’anno parole dense ma leggere,  a Udine coi teatranti di FTSSN al Teatro Grande.
Il corpo del libro, lo spessore umano come terza dimensione, la gran paura che gli adulti hanno del senza-parole, lo spettatore che si libera grazie alla sua dimensione di dilettante del guardare, il piacere come auto-organizzazione del sistema uomo, l’enorme differenza tra essere ricettivi ed essere passivi, il nostro corpo materico nell’era digitale.
In questo decennio tra cultura della carta e quella degli elettroni che danzano, col nostro corpo (unica cosa di cui non si può fare il download) che torna prezioso e ricco di senso.
E soprattutto: con la scoperta che possiamo goderci questi grandi punti di domanda come se fossero il silenzio tra due battute di un attore, senza lasciarci concupire da qualche risposta “rapida ed efficiente” che spieghi il mondo.

Può succedere perchè due grandi organizzatrici sono anche due fini intellettuali, eppure si sporcano ogni giorno le mani coi mille problemi veri, cui troppo spesso la politica e la burocrazia ne aggiungono altri mille di falsi: Silvia Colle e Lucia Vinzi (ce ne fossero, in Italia, di persone così).

Loro una volta all’anno (con due lire) fanno di Udine un posto raro dove di riprendersi il lusso del pensiero profondo, il piacere intellettuale di scavare la verità fuori dall’affrettatezza e dalla banalità.
Dove il teatro-ragazzi esce dal ghetto e mostra di avere tanto da insegnare alla cultura teatrale sedicente adulta.

Troppe cose da raccontare per una penna sola, ma molti segni lasciano Ilaria Tontardini, Marco Rogante, Chiara Carminati,  Arianna Sedioli, Luigi Berardi, Anna Fascendini, Giulietta Bonato, Giuseppe Bevilacqua, Massimiliano Tappari, Maria Ellero, Luisa Vermiglio e della scenografa Belinda De Vito che mi ha fatto un regalo emozionante e imprevisto: una grande installazione proprio nell’ingresso del Nuovo Giovanni da Udine. Pubblico le foto nel prossimo post.
Installazione che lei dice “dedicata a me” (e lo dice con quel sorriso modesto e birichino che solo le persone di grande spessore possono permettersi) e che io, più realisticamente, penso dedicata ad alcuni concetti che ho creato da quelle parti in una quindicina d’anni insieme a quel mondo di confine (tra teatro, musica ed empiria nelle scienze cognitive).

Infatti ho scoperto, che un mio testo, “i dieci bisogni di teatro del bambino”, che io reputavo nascosto in blog semisconosciuti per addetti ai lavori, nella loro regione continuamente ristampato e divulgato nelle scuole. Nella mia presunzione che possa servire anche ad altri, è meglio che lo renda reperibile su queste pagine, magari corredato con le foto dell’installazione della De Vito.  Lo farò fra poco, a presto.