Missione Oggi pubblica una mia intervista di tre pagine, assieme all’acuto “economista dell’anima” Luigino Bruni. È in un dossier sulla micro e macroeconomia che si chiama “Oltre la spesa” e che ha altri articoli molto interessanti: sui GAS e sul capitale delle relazioni.
Mimmo Cortese, con le sue domande articolate e tranquille, mi porta verso analisi più radicali del solito.

Qui ne pubblico solo un frammento di poche righe, se volete leggerlo, dovete abbonarvi (on line solo 15 euro all’anno)

La cosiddetta crisi è un dispositivo, non è un evento.

è uno dei meccanismi prevedibili (io penso previsti) con cui i lupi acchiappano le prede.
Smettiamo di parlare di crisi come se fosse un terremoto o una pestilenza. È la faccia opposta della moneta che chiamiamo crescita: permette a qualcuno di appropriarsi di ciò che è di tutti: beni condivisi, dignità umana, territorio, salute… quelli che per noi prede sono valori, per i predatori sono il naturale terreno di caccia.

Ultimamente sentiamo spesso i lupi belare di essere diventati buoni, ad esempio parlando di sviluppo sostenibile, di dignità delle risorse umane, di un generico “amore” per l’ambiente.
Più un’azienda è inquinante più che sui siti si ammanta di pannelli solari, girasoli e bambini con aquiloni.
A leggere certi bilanci sociali patinati potrebbe perfino sembrare che le nostre istanze siano prese in considerazione.
Invece le istituzioni bancarie, i colossi dell’energia, i gruppi multinazionali… sono sistemi nati specificamente per lo scopo di organizzare, difendere e legittimare quello che per loro è onesto business e per noi è rapina.

Non saranno mai riformabili, è meglio che si estinguano, vedete che questi vecchi predatori sono ormai imbolsiti e flaccidi, già si stanno disfacendo da soli, per le contraddizioni interne.

È un’altra crisi, la loro

È un’altra crisi, la loro: decisionale, burocratica, cibernetica, di capacità previsionale: il frutto di un’autocrazia senza dialettica che si auto­replica, che si auto­cannibalizza.
Stiamo assistendo all’estinzione dei dinosauri, la loro crisi è la nostra festa: dunque non regaliamo loro neanche un po’ della nostra intelligenza, della nostra agilità nel trovare soluzioni nuove. Per favore, non cerchiamo di migliorarli.
Meglio generare sistemi nuovi, paralleli, carsici, con una scala diversa (più piccola) e un modo diverso di concepire l’intelligenza che li muove, perché ogni organizzazione umana è un organismo che pensa, e il nostro organismo pensa in una lingua che il loro, fortunatamente, non può capire.